Nel 1742 l’architetto Ferdinando Sanfelice comincia la sistemazione dei centoventiquattro ettari[4] del parco di Capodimonte[6]: da una spianata di forma ellittica che si apre di fronte al palazzo, il Sanfelice lascia partire cinque viali da cui si diramano altri più piccoli che attraversano il bosco[7]; a questo si affianca inoltre anche il restauro di tutte quelle costruzioni già presenti all’interno del giardino e destinate o ad abitazione o a luoghi di culto o adibite a sedi di lavoro come, una fabbrica di arazzi aperta nel 1737, una fabbrica di porcellana, inaugurata nel 1743 per poi essere distrutta assieme a tutti gli impianti e i forni nel 1759 quando il re si trasferisce in Spagna, portando con sé tutte le maestranze, risultando essere una delle più importanti nella lavorazione delmateriale che dalla fabbrica prende il nome[9], una Stamperia Reale, nel 1750, ed una fabbrica d’armi, nel 1753, oltre a diverse aziende agricole[10]. Nel1755, nel palazzo ancora in costruzione, viene aperta la Reale Accademia del Nudo, diretta da Giuseppe Bonito[10], mentre nel 1758 sono trasferiti i primi dipinti che vanno ad occupare dodici delle ventiquattro sale, ancora in fase di completamento[7].
Con la salita al trono di Ferdinando I delle Due Sicilie nel 1759 i lavori della reggia continuano ad andare a rilento, sia perché si era paventata l’idea di creare a Napoli un unico polo museale dove raccogliere, oltre alle opere d’arte, anche la biblioteca e l’accademia, con la scelta ricaduta sul palazzo degli Studi, il futuro museo archeologico nazionale[10], sia per una questione di carattere economico, in quanto l’interesse del nuovo re si era spostato verso la costruenda reggia di Caserta[11]: tuttavia, con Ferdinando Fuga a capo dei lavori[12], nel 1765 viene completata l’ala centrale e, negli ultimi trent’anni delXVIII secolo, è ripristinata la fabbrica di porcellane[9]. Sono inoltre completate le stanze del secondo cortile, unite a quelle già realizzate tramite due lunghi saloni, destinati a diventare, con l’inizio del nuovo secolo, di rappresentanza e viene infine inaugurato un laboratorio di restauro[12]. Con l’avvento della breve Repubblica Napoletana nel 1799, il palazzo viene in parte saccheggiato delle sue opere ed al ritorno di Ferdinando il resto della collezione viene trasferito al palazzo Francavilla, al centro della città, perdendo in parte la sua funzione museale e destinata a sede abitativa[13].
XIX secolo
L’arrivo dei francesi a Napoli nel 1806 e dei suoi nuovi sovrani Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, quest’ultimo regnante dal 1808 al 1815, corrisponde ad un nuova fase di vita per la reggia, votata a diventare una residenza reale[14]. I nuovi sovrani infatti attuano innanzitutto una politica di urbanizzazione della collina di Capodimonte con la costruzione di ville e casini per i dignitari di corte e studiano un collegamento diretto tra la città e il palazzo, ossia una strada rettilinea, chiamata Corso Napoleone, divenuto poi via Santa Teresa degli Scalzi e corso Amedeo di Savoia. I lavori per la nuova strada iniziano nel 1807 sotto la direzione di Bartolomeo Grasso e l’esecuzione di Nicola Leandro e Gioacchino Avellino[9]: questa supera il vallone della Sanità con un ponte, iniziato nel 1809[14], fino a terminare in una piazza ellittica, chiamata Tondo di Capodimonte, da dove una serie tornanti permette di giungere fino alla reggia. Circa trent’anni dopo, inoltre, viene realizzata una scala monumentale in piperno, su disegno di Antonio Niccolini, che partendo dal Tondo, taglia i tornanti, per un accesso rapido alla dimora, anche se solo pedonale[14]. All’arrivo dei francesi la residenza è completa solo per due terzi: gli interni sono arricchiti con arredi e oggetti fatti arrivare direttamente dalla Francia o commissionati ad artigiani locali, secondo il gusto dei sovrani[14].
Con la restaurazione della dinastia borbonica a Napoli nel 1816, il re Ferdinando rimane entusiasta della nuova impronta data al palazzo, continuando quella politica residenziale di chi l’aveva preceduto: anche il secondo piano è liberato dal resto delle opere d’arte rimanenti, trasferite al palazzo degli Studi e destinato alla servitù[14]. La reggia di Capodimonte diventa quindi sede di eventi e feste: nel 1819 soggiorna Klemens von Metternich, accompagnato dalla consorte e dal primo ministro, durante la cui permanenza vengono allestiti banchetti per oltre mille invitati e vengono esaltati le portate preparate, tra cui la sfogliatella, e i giochi scenici creati, come quello di un quadrupede paracadutato da un pallone aerostatico[15]; durante questo periodo il giardino viene aperto alla popolazione due volte all’anno, all’approssimarsi di festività religiose, per consentire il pellegrinaggio ad un eremo di frati cappuccini, situato ai confini del parco[16]. Sia Ferdinando che il suo successore, il figlio Francesco I delle Due Sicilie, utilizzano la reggia a scopo residenziale, affiancandola a quella di Portici e Caserta: in particolare Francesco preferisce soggiornare in una palazzina chiamata dei Principi, un antico casino nobiliare restaurato, situata all’interno del parco stesso, a poca distanza dal complesso principale[16].
Nel 1830 sale al trono Ferdinando II delle Due Sicilie, il quale trova un palazzo ancora incompiuto: completato nel 1833 il terzo cortile[6], nel 1834affida i lavori agli architetti Antonio Niccolini e Tommaso Giordano, i quali provvedono alla realizzazione del cortile nord[16]; dal 1836 al 1837vengono effettuate anche le decorazioni delle sale destinate agli appartamenti, quelle dell’area meridionale, in stile neoclassico, in particolare di due saloni di rappresentanza, uno arricchito con dipinti ritraenti personalità della dinastia borbonica, l’altro destinato ai ricevimenti di corte: le sale sono inoltre abbellite con opere acquistate dai sovrani oppure spedite da giovani artisti napoletani mandati a studiare a Roma con contribuito reale, e da loro stessi realizzate per mostrare i progressi avuti[16]. Il palazzo è definitivamente completato nel 1838[6], anche se agli inizi degli anni ’40 viene aggiunto lo scalone monumentale interno[16]; inizia inoltre anche la sistemazione del parco, affidato alla cure di Friedrich Dehnhardt[6], il quale lo trasforma in un giardino all’inglese, con aiuole ed essenze arboree, oltre a piante esotiche e rare[16].
Irrilevante è la successione al trono di Francesco II delle Due Sicilie, mentre con l’unità d’Italia e la nomina di Annibale Sacco a direttore della Real Casa, quando la reggia di Capodimonte continua a svolgere la sua funzione abitativa[17] per conto di casa Savoia, importanti furono alcune aggiunte alle decorazioni interne. Infatti Sacco vi trasferisce un gran numero di porcellane e Biscuit, l’armeria nel 1864[18], un salottino di porcellananel 1866, realizzato nella metà del XVIII secolo per volere della regina Maria Amalia di Sassonia e originariamente collocato nella reggia di Portici[17], ed un pavimento in marmo nel 1877, ritrovato circa cento anni prima durante gli scavi archeologici di una villa imperiale a Capri e sistemato temporaneamente a villa Favorita a Resina[19]. Sempre grazie al nuovo direttore, intorno agli appartamenti sul piano nobile si viene a creare un sorta di pinacoteca che raccoglie opere pittoriche di artisti napoletani[18]. Verso la fine XIX secolo continuano a svolgersi feste e cerimonie, sia nel palazzo che nel parco; sono organizzati infatti banchetti in onore di Alessandro Dumas o dei reali d’Inghilterra, battute di caccia ed un ricevimento nel 1877 in occasione dell’Esposizione Nazionale di Belle Arti[18].
XX secolo
Anche all’inizio del XX secolo il complesso continua nella sua funzione abitativa: sovente soggiorna Vittorio Emanuele III di Savoia, mentre in seguito viene assegnata come dimora alla famiglia del duca di Aosta, nonostante il passaggio dell’edificio dalla Corona al demanio nazionale nel 1920[18]. Questi lasciano la reggia solo al termine della seconda guerra mondiale, nel1946[6], quando viene designata la sua nuova funzione, ossia quella museale, con decreto definitivo del 1949[20]. Nel 1952 partono i lavori di restauro, con la valorizzazione degli ambienti residenziali e del parco e l’adattamento delle sale all’esposizione delle opere; il museo nazionale di Capodimonte viene inaugurato nel 1957[21].
A seguito del terremoto dell’Irpinia del 1980 si rendono necessari ulteriori restauri e grazie all’arrivo di finanziamenti il palazzo viene chiuso e riaperto nel 1995[22], rendendo fruibile prima il primo piano, dunque anche secondo e terzo nel 1999[6].